Mitrovica è una delle città simbolo delle sofferenze che hanno recentemente afflitto il Kosovo.

Ancora oggi (e chissà per quanto tempo ancora), affinché la popolazione serba e quella albanese non vengano a contatto, la città è divisa in due parti dal filo spinato ed i varchi sono presidiati dai militari francesi della forza multinazionale KFOR. Larga parte della popolazione serba è costituita da profughi, alcuni dei quali vittime della guerra balcanica del 1991-95. Fra loro, alcuni vivono in una ex-scuola, ora denominata Branko Radivecic Collective Centre, altri in alloggi di fortuna. Prive di ogni forma di sostentamento, queste persone devono provvedere ogni giorno alla sopravvivenza del proprio nucleo familiare, e per farlo vagano per i quartieri serbi della città in cerca di cibo, causando non pochi problemi di ordine pubblico. Quando il Consorzio delle Associazioni di Volontariato (CAV) - organizzazione non governativa accreditata presso l'ONU e presente a Mitrovica con un ufficio e un magazzino - ci ha richiesto un aiuto per istituire e rifornire una mensa che fosse in grado di assicurare un pasto al giorno a circa 150 profughi particolarmente bisognosi, ci siamo chiesti, forse intimoriti da un impegno che ci sembrava troppo grande, se era il caso di aderire alla richiesta, anche considerando gli impegni già assunti in Bosnia.

Decidemmo perciò di aggregarci ad un convoglio del CAV che recava sul posto una cucina di tipo alberghiero e parte delle relative attrezzature e, nel mese di agosto, ci recammo in Kosovo per accertarci delle reali necessità di quella povera gente. Ritornati in Italia, il racconto del viaggio appena compiuto suscitò nel nostro gruppo dapprima incredulità per il trattamento ricevuto alla dogana Kosovara da parte di alcuni ottusi funzionari dell’ONU poi certezza che qualcosa bisognava fare: le condizioni di vita di quelle persone erano veramente inaccettabili, senz’altro peggiori di quelle, già meschine, affrontate da diversi dei nostri assistiti in Bosnia. Al termine della riunione durante la quale s’affrontò l’argomento “Kosovo” la decisione era presa, e alcune idee su come reperire materiale e fondi per sostenere l’iniziativa della mensa erano già scaturite. Gli accordi presi in loco con il PAM (Programma per l'Alimentazione Mondiale) assicuravano la regolare fornitura ad alcuni fornai locali di una determinata quantità di farina in cambio di una adeguata quantità di pane; la richiesta d’aiuto presentata nei giorni successivi alla Cassa di Risparmio di Torino fu accolta con celerità, e ci fu concesso un contributo di 10.000.000 di Lire per affrontare le spese di gestione per i primi 3/4 mesi di attività della mensa.

Bisogna ora pensare a rifornire la mensa di cibo a lunga conservazione reperibile in Italia e recapitarlo in loco con i convogli del CAV; si devono raccogliere fondi per acquistare localmente carne, verdura fresca e latte (fra i profughi molti sono i bambini in tenera età) e per pagare gli stipendi “simbolici” al personale impegnato nella mensa.

In passato è stata organizzata, in collaborazione con la UNES Supermercati , una “Raccolta di Generi Alimentari e non” che ci ha permesso di raccogliere, in quattro supermercati di Alessandria e due di Valenza, oltre cinquanta quintali di alimentari e prodotti per l’igiene personale. Tutto è già stato recapitato, con un camion della Provincia di Alessandria (grazie Auro) ed un furgone della Caritas al centro raccolta del CAV a Secugnago e partirà per il Kosovo nella prima decade di dicembre. Altre iniziative sono in atto per recuperare patate, cipolle, riso, passata di pomodoro ed altri alimenti che ogni due mesi saranno consegnati a Mitrovica dai nostri volontari che, viaggio dopo viaggio, controlleranno che tutto si svolga in modo regolare.

Terminato il nostro impegno la mensa verrà consegnata alla locale municipalità, che la utilizzerà per i fini stabiliti.